Made in Italy: nuove strategie per la meccanica agricola
Si è svolto oggi al castello di Rosciano (Perugia) il “Think Tank” annuale di FederUnacoma, l’associazione dei costruttori di macchine agricole. Gli interventi del ministro Adolfo Urso, di Matteo Zoppas (ICE), Emanuele Di Faustino (Nomisma), Dario Fabbri (Domino) e Alessandro Malavolti (FederUnacoma) sottolineano il ruolo centrale della meccanica agricola italiana e le nuove strategie di promozione sui mercati mondiali.
La qualità e la tradizione della meccanica agricola italiana sono da sempre una leva fondamentale per il successo sui mercati esteri, ma è necessario un ulteriore salto di qualità. Le macchine realizzate dalle nostre imprese debbono essere percepite come prodotti classici del “Made in Italy”, al pari dell’automotive di alta gamma, della moda, dell’agroalimentare, non soltanto sui mercati tradizionali dell’Europa o degli Stati uniti, ma anche su quelli emergenti dell’Asia, dell’America Latina e dell’Africa. Questo ha sottolineato il presidente di FederUnacoma Alessandro Malavolti, aprendo il Think Tank organizzato oggi presso il castello di Rosciano (Perugia) dall’associazione dei costruttori di macchine agricole sul tema “Il made in Italy, un valore aggiunto per l’agromeccanica”.
La promozione del settore agromeccanico sui mercati globali può contare sul supporto dell’Agenzia Ice che - ha sostenuto il presidente dell’Agenzia, Matteo Zoppas - ha ampliato il raggio d’azione con le sue nuove linee guida e con i suoi 78 uffici dislocati in ogni continente e organizzati proprio per operare in stretta sinergia con le organizzazioni dei produttori. Nei prossimi anni – ha sottolineato Zoppas – la regione nordafricana e quella balcanica saranno alcune delle aree di intervento prioritarie per la promozione delle macchine agricole italiane.
Nonostante la crescita dell’export di settore, che lo scorso anno ha raggiunto i 6,5 miliardi euro (+3,6% sul 2021), la meccanica agricola italiana deve fronteggiare la concorrenza sempre più agguerrita dei Paesi asiatici, che sfruttano soprattutto la leva del prezzo. Nel comparto agromeccanico - è stato spiegato dai relatori - il made in Italy non viene sufficientemente percepito come un valore aggiunto, a differenza di quanto accade invece per le tradizionali eccellenze italiane. I dati relati alle esportazioni degli ultimi dieci anni - presentati da Emanuele Di Faustino, responsabile industria di Nomisma - indicano infatti una crescita dell’export di macchine agricole pari al 38% a fronte di una crescita molto maggiore degli altri settori del made in Italy (+66%). Le strategie di promozione dell’industria italiana - ha sottolineato il direttore di Domino, Dario Fabbri - devono tenere conto di tutte le variabili geopolitiche che condizionano il mercato, ma possono fare leva sul ruolo strategico che la meccanica agricola è chiamata a svolgere in questo momento storico, visto che l’agricoltura è diventata settore di punta per tutti i sistemi economici più importanti.
In questo scenario si sviluppa l’azione di governo - ricordata dal Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso - che ha riaffermato la necessità di sostenere e incentivare l’innovazione tecnologica delle industrie italiane, per far fronte alla concorrenza dei Paesi emergenti. A tal fine, l’esecutivo è impegnato in una razionalizzazione e in una semplificazione del sistema di incentivazione pubblica che – ha spiegato Urso – per essere ancora più efficaci devono prevedere procedure snelle e di facile accesso per le imprese.
I lavori del Think Tank si sono conclusi nel pomeriggio con i tavoli di approfondimento dedicati rispettivamente a: “Il valore del Made in Italy nel marketing dell’agromeccanica. La conoscenza e la valutazione del prodotto italiano sui mercati nazionali ed esteri”, coordinato da Sabina Addamiano, docente di Marketing specialistico all’Università Roma Tre; “La qualità globale, una sfida per l’industria italiana. Design, affidabilità e servizi: gli standard richiesti sui principali mercati”, coordinato da Roberta Guglielmetti, docente di Operation Management all’Università Roma Tre; “La sostenibilità sociale e ambientale, un requisito della “qualità italiana”. Le risorse umane e le risorse naturali nella valorizzazione del prodotto”, coordinato da Luca Ferrucci, docente di Economia e management delle imprese all’Università di Perugia.
Gli ultimi Comunicati stampa di FederUnacoma
La congiuntura economica frena il mercato delle macchine agricole a livello globale, ma la rassegna dell’EIMA, che si è conclusa ieri sera a Bologna, non conosce battute d’arresto e registra il suo massimo storico. Oltre 346 mila presenze, di cui 63 mila estere da 150 Paesi, per conoscere le tecnologie più innovative per ogni tipo di agricoltura. La domanda di meccanizzazione resta potenzialmente molto alta – spiegano gli organizzatori di FederUnacoma – e il mondo agricolo ha bisogno da subito di conoscere le innovazioni e di pianificare i propri investimenti.
Prende il via a Bologna la 46ma edizione dell’esposizione mondiale delle macchine per l’agricoltura 1.750 le industrie partecipanti, delle quali quasi 700 estere, a copertura di ogni segmento di mercato. Modelli di macchine all’avanguardia e sistemi digitali avanzati per un’agricoltura sempre più scientifica, e connessa con il sistema dei servizi e con gli altri settori produttivi.
Il valore complessivo della produzione nazionale di tecnologie per l’agricoltura e per il giardinaggio si avvia a chiudere l’anno con un calo del 19,5% rispetto allo stesso periodo del 2023, fermandosi a 13,2 miliardi di euro. La flessione dovuta alla contrazione della domanda interna, ma soprattutto al rallentamento dei mercati esteri, i quali contribuiscono in misura significativa al fatturato delle aziende agromeccaniche italiane. FederUnacoma: per la ripresa, necessario attendere la seconda metà del 2025.
Il settore delle macchine agricole è destinato a crescere in modo consistente nei prossimi anni, ma cambierà la geografia dei mercati. Le grandi piazze dell’Europa e del Nordamerica manterranno un alto livello di investimenti per garantire standard qualitativi elevati, e i due colossi asiatici India e Cina tenderanno a stabilizzare la meccanizzazione sui grossi quantitativi raggiunti in questi anni, ma i mercati emergenti saranno quelli del Sud Est Asiatico e dell’Africa. Questo lo scenario descritto questo pomeriggio a Bologna nella conferenza di presentazione di EIMA International, la rassegna mondiale della meccanica agricola, in scena al quartiere fieristico cittadino da domani 6 novembre fino a domenica 10.
La domanda di macchinario agricolo è destinata a crescere in modo molto consistente - è stato spiegato nel corso della conferenza dalla Presidente di FederUnacoma Mariateresa Maschio - in quelle regioni del mondo nelle quali si registra un forte sviluppo dell’agricoltura a causa della crescita demografica, e quindi sono necessarie dotazioni tecnologiche molto maggiori di quelle attuali.
Un Paese chiave - è stato illustrato in conferenza - è l’Indonesia, che già oggi conta quasi 300 milioni di abitanti segnalandosi come uno dei più popolosi al mondo e destinato ad incrementare ulteriormente il proprio peso demografico nei prossimi anni. In Indonesia le importazioni di macchine agricole sono in crescita costante da 15 anni a questa parte, e sono passate da un valore di 140 milioni di euro nel 2009 ad un valore di quasi 700 milioni nel 2023 (crescita media dell’8,6% annuo), con la previsione di ulteriore incremento nei quattro anni prossimi 2024-2027 del 6,7% annuo.
Ma in crescita risultano anche le importazioni di macchine agricole negli altri popolosi Paesi del Sud-est asiatico: il Vietnam (100 milioni di abitanti) prevede incrementi nelle importazioni del 6,2% annuo nei prossimi quattro anni; le Filippine (110 milioni di abitanti) dovrebbero incrementare l’import del 7,8% nei prossimi quattro anni; mentre la Thailandia (71 milioni di abitanti), dopo una crescita molto lenta negli ultimi quindici anni pari ad appena l’1% medio annuo, si prevede passerà nel periodo 2024-2027 ad un incremento annuo del 6,8%.
La variabile demografica è ancora più influente nel continente africano, se è vero che l’Africa Sub-sahariana nel 2050 coprirà da sola il 50% della crescita demografica mondiale. Nel continente africano spicca la Nigeria, che già oggi conta 230 milioni di abitanti e che nel 2050 ne conterà oltre 400 milioni (imponendosi come il terzo Paese più popoloso al mondo), seguita da Etiopia e Repubblica Democratica del Congo, entrambe nettamente oltre i 100 milioni di abitanti e destinate ad una crescita vistosa nei prossimi vent’anni entrando nel novero dei 10 Paesi più popolosi del Pianeta.
In Nigeria appena il 46% delle terre coltivabili è oggi utilizzato - è stato detto nel corso della conferenza - e nella Repubblica Democratica del Congo un esiguo 10% dei terreni arabili è oggi impiegato per l’agricoltura, così che la messa in produzione di nuovi territori rappresenta una priorità per questi come per altri Paesi del continente, con un incremento della domanda di tecnologie nell’immediato futuro (da qui al 2027 l’importazione di macchinario agricolo crescerà del 7% annuo in Etiopia e del 12% in Congo), ma più ancora nell’arco dei prossimi vent’anni.